Racconto di Marniko
Anteprima dall’ebook Un Attimo Figurato, Marniko, romanzo, [isnc]e-book – Ottobre 2014
Uno script per un corto mai realizzato e rimasto nel cassetto per anni, ecco il punto di partenza di questo romanzo. Un romanzo di formazione visto attraverso il ricordo del protagonista, un tratto di vita filtrato dall’età adulta dell’io narrante: due amici e la sorella di uno di questi, legati da un filo invisibile che piano piano prenderà sempre più corpo e permetterà loro di diventare adulti. Una storia di amore, amicizia e gelosia che affonda le proprie radici nel segreto di un passato dai contorni ineffabili e tragici.
Quella sera Roy prende la moto e la lancia lungo le piccole e dritte strade deserte della provincia. E si sente forte, si sente nel giusto. Nell’aria c’è il profumo dell’autunno e la nebbia che sale dalla terra in procinto di addormentarsi. Alla fine arriva in quel casolare di campagna mezzo diroccato. Lascia la moto in fondo al viottolo sterrato. Nessuna luce, buio, la nebbia così fitta che adesso si taglia con il coltello.
Merda, pensa. Cazzo di posto è?
Poi vede due macchine e altre moto. Si apre una porta, nel buio una voce dice di andare avanti e di entrare. Dentro, un tipo sulla ventina, belloccio ma che puzza di sudore da far schifo, lo squadra di traverso e gli chiede se lo manda Ricky.
Roy muove la testa in segno di assenso chiedendogli dove può trovare della roba, subito.
L’altro gli fa cenno di seguirlo al piano superiore.
Di sopra, in un stanzone illuminato da lanterne da campeggio dislocate qua e là, c’è gente sdraiata su materassi in terra, sporchi e lacerati. Saranno una decina di ragazzi, e Roy si rende subito conto che almeno la metà di loro è completamente strafatta. L’odore d’erba è nauseante, e la troppa stagnola accartocciata in giro gli fa capire che si sono fatti anche in vena.
Roy rabbrividisce e le gambe cominciano a tremargli. Un ragazzo magrissimo, un po’ di barba sotto il mento, occhi spillati, si alza da terra, tira fuori il cazzo dai jeans e piscia contro il muro, in un punto dove si capisce che altri lo hanno già fatto. Intanto il tipo di prima, quello di guardia alla porta, è sparito.
Il ragazzo magrissimo invece, sempre col cazzo di fuori, gli si avvicina e gli dice di succhiarglielo, che si accontenta di poco, di una bustina.
Cazzo ci sono venuto a fare?, balbetta a voce bassa.
Roy non sa se quello che sente è paura o disagio, di più, male. Quello gli mette il cazzo in mano. E gli diventa anche duro. Poi lo spintona sul materasso, e inizia a toccarlo. Altri due tipi lo trattengono a forza, mentre quello di prima gli caccia in gola una pastiglia e poi gli infila dentro la lingua e una marea di saliva e gli aderisce la bocca contro per impedire che sputi… Roy si sente soffocare, trattiene a malapena un conato di vomito.
All’improvviso avverte una sensazione di caldo allo stomaco, una piacevole sensazione di caldo, e comincia a sciogliersi. Tutta la tensione accumulata prima comincia ad allentarsi. Si sente bene e accetta anche di farselo prendere in bocca dal tipo di prima, e accetta ancora del fumo e poi mastica delle foglie marroni e fuma di nuovo. Adesso le facce che gli stanno intorno gli sembrano un po’ più diverse e un po’ più amiche. Si sta lasciando andare, dopotutto quello che vuole è dimenticare Nico. E se stare lì tutta la notte in quello stato lo aiuta a dimenticare, avrebbe tirato mattino con loro.
Sta quasi abbandonandosi completamente alle sue visioni quando sente crescergli dentro un disagio improvviso, o forse qualcosa di più. Quelle facce cominciano a deformarsi e a ritornare ostili, scure, malvagie. Quei corpi all’ammasso lo stanno corrompendo, e se lo vogliono fottere in mille modi, sbracati e mezzi nudi su quei materassi che sanno di piscio e sperma e fumo. E comincia a sentire freddo intorno e dentro a lui, sempre di più, con intensità progressiva, e il suo sangue raffreddarsi. Di colpo un tremore lo scuote dal profondo delle ossa, e gli sale su in testa, e lo penetra trapassandogli il cervello.
Intanto intorno tutto prende a vibrare al ritmo del suo respiro affrettato, i contorni a sfumare, e lentamente il tremolio gli annebbia la vista. Sente le cellule cerebrali bruciarsi, schizzare, sente di impazzire, dissolversi, farsi sempre più piccolo. Vede le pareti inclinarsi, mettersi fuori asse, e poi come se dal pavimento salissero pezzi scomposti di corpi umani, braccia gambe mani occhi bocche piedi cazzi in erezione, come se da sotto a quel pavimento cadaveri putrefatti cercassero di prendere vita e attraverso mille piccole ferite sanguinanti volessero tutti insieme entrare nel suo corpo e possederlo incastrandosi perfettamente come tanti pezzetti di un puzzle.
La vertigine lo trascina in un gorgo senza fine, profondo e inarrestabile.
E tutto accade mentre una parte di lui è ancora consapevole di esistere, e che niente di quello che sta accadendo in quel casolare fuori dal mondo sia davvero nella realtà. Non riesce a capire, comprendere, ma solo a vedere con gli occhi sbarrati. Eppure sta accadendo. Eppure lui adesso trema tutto ed è madido di sudore e di altro, completamente nudo e dolorante, mentre si vede andare a fondo in un mare increspato e i colori cambiare tonalità sotto i suoi occhi, e tutto diventare sempre più saturo, più scuro, fino a scomparire nella luce che la sua desolazione, per la mancanza dell’altro, ha già spento da tempo. Non è più nessuno e nulla.
Improvvisamente si vede, anche se solo per un attimo, anche se dall’esterno, anche se da molto distante, si vede su quel materasso, tra quella gente, in quella stanza, e sente un senso di sospensione enorme, grandissimo fra la terra e il cielo.
È il venir meno della vita. È la morte.
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